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sabato 17 maggio 2014

Sui trucchi logaritmici degli sviluppisti fossili


Quante volte abbiamo dovuto sorbirci gli accorati appelli allo sviluppo energetico di petrolieri e compagnia. Senza la crescita dell'offerta d'energia si bloccherebbe il progresso, o peggio, si rischierebbe il ritorno alle piaghe di fame, freddo, etc. (l'accusa del "ritorno alle candele"). 
I più sofisticati esponenti della compagnia fossile  indicano una relazione lineare tra consumo d'energia e PIL. Grafici come quello seguente vengono portati come prova di questa ipotizzata legge ferrea. Dunque, chi ostacola per ragioni ambientali lo sviluppo delle fonti fossili (megacentrali a carbone, trivelle, etc) porterà, secondo questa linea di pensiero, ad una riduzione del PIL (quando la lobby fossile sfoggia cultura parla di  "tradeoff tra ambiente e sviluppo").

Fabbisogno energetico pro capite espresso in tep, tonnellate equivalenti di petrolio, e PIL pro capite, anno 2010. Grafico da Gapminder

Il diavolo, come sempre, sta nei dettagli. L'ipotesi di una relazione lineare tra consumo d'energia e progresso umano  è facilmente confutabile. Il grafico precedente, infatti, presenta ben due errori:
  1. Utilizza il PIL per abitante come indicatore di progresso socio-economico. Questo utilizzo del PIL è improprio, perché il PIL misura qualsiasi attività economica, anche quelle indesiderate  (come quelle che seguono dei cataclismi), o di estrazione non sostenibile di risorse naturali.
  2. Il grafico riporta i dati su scala logaritmica. La scala logaritmica permette di evidenziare trend, ma comprime differenze significative.
Utilizzando come indicatore di progresso lo Human Development Index delle Nazioni Unite, e plottando i dati su scale lineari, si ottiene una diversa rappresentazione, come da grafico seguente.


Fabbisogno energetico pro capite espresso in tep, tonnellate equivalenti di petrolio, e Human Development Index, anno 2010. Grafico da Gapminder

In questo secondo grafico si osserva che sì, l'aumento del consumo energetico produce un forte aumento della qualità della vita. Ma questo effetto positivo dell'offerta energetica raggiunge presto la saturazione. Scarsa disponibilità energetica   è associata a condizioni di vita penibili. Ma per accedere ai livelli alti della qualità della vita non è necessaria molta energia. Oltre la soglia dei 2 tep per abitante-anno l'indice HDI è pressoché stabile. Anzi, si potrebbe utilizzare questo grafico per affermare che oltre i 7 tep  si ha del regresso!
Queste relazioni hanno un chiaro riferimento tecnico. Quando le soli fonti di energia sono quelle pre-moderne (legna, lavoro muscolare) le possibilità di condizioni di vita elevate sono escluse alla gran parte della popolazione. Il lavoro estenuante in agricoltura e nella gestione domestica (raccolta legna, approvvigionamento acqua, etc) preclude l'accesso all'istruzione e si ha un circolo vizioso che intrappola verso il basso. La meccanizzazione, le reti idriche, etc, permettono un importante salto qualitativo. Ma una volta soddisfatti questi bisogni primari, maggiore disponibilità energetica non è necessariamente associata a migliori condizioni di vita. Anzi, si può avere un effetto negativo attraverso dinamiche tipo Dutch disease, o di corruzione indotta dalla prevalenza delle rendite. Nel grafico precedente si può osservare come paesi mediorientali produttori di idrocarburi (punti in verde oltre i 6 tep/ab), presentino bassi livelli dell'HDI rispetto all'alto consumo energetico pro capite. Questo per chi idealizza la "fortuna" di avere risorse petrolifere. In media, invece, è una sfortuna.

Queste considerazioni sono solo preliminari rispetto alla critica dello sviluppismo energetico. Infatti, i dati indicano che sicuramente esiste un effetto saturazione, e probabilmente anche un effetto negativo dell'abbondanza energetica. Ma questi dati raccontano soltanto dell'esistente, non del possibile. Esistono notevoli margini di miglioramento tecnico (efficienza), e di riduzione dei consumi grazie a stili di vita diversi (sobrietà). Su quest'ultimo fattore, gli stili di vita, è lecito lo scetticismo perché non è detto che si realizzeranno gli auspicati cambiamenti. Ma comunque sappiamo che i miglioramenti possibili in termini di efficienza sono grandi, e sono anche in grado di assorbire effetti rimbalzo. Per esempio, nei trasporti, che rappresentano un terzo dei consumi energetici, lo spreco energetico imputabile alla attuale tecnologia, i motori a combustione interna, rappresenta circa i due terzi del consumo (si veda questo post). Quindi, un potenziale di riduzione di circa il 20% del totale. Sommando i possibili risparmi negli altri settori si può mostrare come un'alta qualità della vita, non vincolata dalla scarsità energetica, sia ottenibile con 1,5 tep pro capite. Come riferimento, l'Italia è oggi a 2,8 tep. La priorità dovrebbe essere su come estrarre energia da questi giacimenti di risparmio, e su come rendere sostenibile il rimanente, emancipandoci dalla dipendenza dagli idrocarburi.  Di trivelle e megacentrali ne hanno bisogno solo i lobbisti fossili.
Speriamo presto di poter cambiare anche le unità di misura del dibattito energetico. Fino ad oggi, a causa del ruolo predominante del petrolio, l'unità di riferimento  è il tep. Nell'auspicata transizione guidata da solare-eolico, rinnovabili elettriche, l'unità di misura sarà il kWh (il valore 1,5 tep  corrisponde a circa 17500 kWh).  











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